venerdì, luglio 22, 2011

Title: Window of the world.


Si fermo nel terrazzetto che dava sul grande spiazzo: da lì poteva vedere la città.
Doveva aver sbagliato qualcosa, proprio nel momento in cui voleva abbracciarla, baciarla e ringraziarla.
Lei l'aveva messo con le spalle al muro, l'aveva messo di fronte alle sue paure, l'aveva costretto a una scelta.
Lui aveva scelto lei, aveva capito una volta in più che lei era troppo importante.
Non era un duro, non aveva atteggiamenti da uomo "che non deve chiedere mai". Anzi, forse era troppo molle e senza spina dorsale. Mah.

Si mise a pensare a se stesso, in quell'esercizio di non dare la colpa agli altri, ma capire i propri errori. Come al solito inizialmente non capiva.
"Dove ho sbagliato stavolta?".
Pensava a lei. Il primo impulso era quello di chiudersi a riccio.
Lei era fantastica: bella, intelligente e simpatica. Il problema erano questi sbalzi d'umore improvvisi, che avevano l'impatto di un pugno ben assestato sullo stomaco. Sapeva che lei non si arrabbiava per niente, non era schizofrenica.

Guardava fuori. Le luci del tramonto lasciavano intuire la voglia di weekend della città. L'unica brezza d'aria del tardo pomeriggio gli accarezzò l'accenno di barba che gli dava un aspetto vagamente naive.

Sentì in lontananza della musica e delle risate. Non era triste, era solamente preoccupato.
Al solito la sua ansia lo bloccava nelle decisioni da prendere.

"Sei il solito idiota" pensò.

Fece un rapido elenco dei difetti che si sentiva di avere. "..testardo, pauroso, egocentrico, permaloso, ansioso, precisino,.." una bella collezione.

Lei ogni tanto gli diceva che era "acido". Questo aggettivo lo sentiva meno suo, ma probabilmente era vero, ogni tanto era sferzante nei suoi commenti un po' troppo sarcastici e cinici.

Un'automobile partì veloce dall'incrocio vicino, innescando in maniera diluita le prime tre marce e mandando energicamente su di giri il motore, che restituì al veicolo una progressione decisa. Si distrasse per capire il modello, dal rumore gli pareva una BMW.

Avrebbe voluto che lei fosse lì, in quel preciso istante.

Le parole non dette molto spesso sono più determinanti di quelle che trovano sbocco.
Le parole non dette riescono a fare più danni, perché l'interpretazione del silenzio è una roulette, dove si perde quasi sempre.
"Come faccio a capirti se non mi parli?" lei glielo diceva spesso.

Un altro pugno sullo stomaco, anche questo bene assestato.
"Non potresti capire" pensava lui.

E invece si sbagliava. Lei lo poteva capire, l'aveva sempre fatto, ed era probabilmente l'unica.

Le altre ragazze erano interessate a lui quasi più fisicamente, o comunque in una commistione dove l'aspetto contava molto. In diverse occasioni aveva proprio capito questa forte carica di desiderio espressa in maniera diretta o indiretta, tramite occhiate un po' troppo prolungate e insistite.
Gli veniva da ridere. "Diavolo, che idiota che sono". Non si sentiva idiota per quelle occasioni, non gliene fregava niente "se ogni lasciata è persa" come dicevano i filosofi da bar, che volevano insegnare la vita.

Si sentiva idiota nel fare soffrire, arrabbiare, preoccupare una persona che non lo meritava affatto.
Lei lo capiva ogni giorno, quando lui le dava la possibilità di farlo.
Lei era capace di capirlo, di farlo sentire uomo e di farlo sentire protetto. In questo lei era diversa e unica.

"Scusa…" pensò..e ci pensò a lungo che non trovava le parole per proseguire.

Fece per tornare dentro. La serata era bella, il tempo ideale per godersi la vita, i colori così vivaci che il tramonto pareva caricato di gioia.

"La vita chiama vita, l'amore vuole amore" si ricordò di questo detto, sentito o letto in chissà quale occasione.

"Cerca di essere migliore, inizia adesso" pensò.

Diede un'ultima occhiata al cielo, respirò a pieni polmoni e rientrò cercando un nuovo inizio.

mercoledì, luglio 20, 2011


Title: Escape

Lo so. Ci sono un sacco di cose che potrei fare in questo momento.
Utilizzare il mio tempo in maniera più produttiva e risolvere un paio di problemi abbastanza importanti, e un altro paio di noiose seccature.
Potrei utilizzare il tempo e non sprecarlo.

Però in questo modo mi sento bene. Non dico sprecando il tempo. Intendo dire utilizzandolo per fare quello che mi piace, ossia disegnare, leggere e scrivere.
Ne ho realmente bisogno. Un bisogno quasi fisico direi.

Per la prima volta ho avuto una terribile necessità fisica di staccare la spina. Di lasciare tutto nell'angolo della quotidianità, e di spostarmi per respirare altra aria.

Senza fare niente di particolare, ma soltanto ricaricare le batterie.
Per sentirmi bene, per sentirmi vivace, per sentirmi ardere.

martedì, luglio 19, 2011

Title: A Mojito, the latest pictures, an endless story, today.




Title: Automotive tribute