Titolo: Autoritratto. Momento di lucida difficoltà.
Si accese la quarta sigaretta. Lo guardai aspirare in maniera decisa una boccata di fumo.
Poi riprese il suo discorso, momentaneamente sospeso.
“E a un certo punto si diventa schiavi. Schiavi del proprio lavoro, schiavi del quotidiano, schiavi della propria stanchezza. Ti resta quel peso sullo stomaco che sono tutti i tuoi sogni che si ammassano lì e sedimentano. Rimangono fermi nello stomaco, pesanti e spigolosi.”
Un’altra boccata densa di fumo. “Ho studiato tanto, facendo sacrifici, facendo fare sacrifici ai miei genitori. Mi sono sentito in debito con loro e ambizioso in un sistema in cui molte persone in gamba non ce la fanno.” “Ho sentito dentro una rabbia e una forza per cercare di emergere, per cercare di farmi valere.”
Lo guardavo e per certi versi mi ritrovavo dentro ai suoi discorsi. Lo potevo capire.
Però non volevo abbandonare i miei sogni, non volevo lasciarli cadere giù in fondo allo stomaco, non volevo ridurmi in schiavitù di un sistema che implode.
Pensavo al mio libro, alle pagine che continuavo a scrivere tutte le sere prima di prendere sonno, ai pensieri sconnessi che non pubblicavo più sul mio blog, ma che continuavo a buttare giù su pagine digitali.
“E sai la cosa buffa?” la domanda mi sorprese, mentre ancora ero perso nei miei pensieri.
“No” dissi io, o meglio, abbozzai con la testa scuotendola lenta.
“Ho smesso di comporre i miei brani di musica elettronica perché non avevo un software nuovo che mi avrebbe permesso di fare degli arrangiamenti in maniera più agevole…” si mise a ridere.
“In realtà il software era solo una scusa, una giustificazione che davo a me stesso per sentirmi meno in colpa. La verità era semplicemente che avevo smesso di sognare”.
Aveva ragione. In definitiva dovevo riappropriarmi di me stesso, prima di potermi riappropriare di tutto il resto. Si deve sempre partire da se stessi, poichè siamo l'inizio e la fine dei nostri sogni.
Poi riprese il suo discorso, momentaneamente sospeso.
“E a un certo punto si diventa schiavi. Schiavi del proprio lavoro, schiavi del quotidiano, schiavi della propria stanchezza. Ti resta quel peso sullo stomaco che sono tutti i tuoi sogni che si ammassano lì e sedimentano. Rimangono fermi nello stomaco, pesanti e spigolosi.”
Un’altra boccata densa di fumo. “Ho studiato tanto, facendo sacrifici, facendo fare sacrifici ai miei genitori. Mi sono sentito in debito con loro e ambizioso in un sistema in cui molte persone in gamba non ce la fanno.” “Ho sentito dentro una rabbia e una forza per cercare di emergere, per cercare di farmi valere.”
Lo guardavo e per certi versi mi ritrovavo dentro ai suoi discorsi. Lo potevo capire.
Però non volevo abbandonare i miei sogni, non volevo lasciarli cadere giù in fondo allo stomaco, non volevo ridurmi in schiavitù di un sistema che implode.
Pensavo al mio libro, alle pagine che continuavo a scrivere tutte le sere prima di prendere sonno, ai pensieri sconnessi che non pubblicavo più sul mio blog, ma che continuavo a buttare giù su pagine digitali.
“E sai la cosa buffa?” la domanda mi sorprese, mentre ancora ero perso nei miei pensieri.
“No” dissi io, o meglio, abbozzai con la testa scuotendola lenta.
“Ho smesso di comporre i miei brani di musica elettronica perché non avevo un software nuovo che mi avrebbe permesso di fare degli arrangiamenti in maniera più agevole…” si mise a ridere.
“In realtà il software era solo una scusa, una giustificazione che davo a me stesso per sentirmi meno in colpa. La verità era semplicemente che avevo smesso di sognare”.
Aveva ragione. In definitiva dovevo riappropriarmi di me stesso, prima di potermi riappropriare di tutto il resto. Si deve sempre partire da se stessi, poichè siamo l'inizio e la fine dei nostri sogni.
1 commento:
Ciao Gianluca, grazie per queste tue parole. Me le ha passate Marco, mio compagno di vita.
Siamo compaesani, anche se io vivo lontano per il momento. E seguo i miei sogni.... con molte cadute si, e molte difficoltà. Ma come dici te, non voglio lasciare cadere quei sogni in fondo allo stomaco, diventando "schiava". Perciò non importa dove ci porteranno, l'importante è continuare ad alimentarli e coltivarli, riappropriaci di noi stessi e credere che, prima o poi, tutto questo ci porterà i suoi frutti. Se smettiamo di sognare, per me, è come smettere di vivere me stessa.
In bocca al lupo per tutto!! Buona vita :)
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