lunedì, gennaio 30, 2012

Ritrovare il sorriso, distendere il volto e muscoli troppo tempo contratti.
Sentirsi davvero bene, di nuovo.
Parlare, ridere, immergersi in discorsi con piacere, tanto da consumare le ore.

La bellezza della vita è sorprendersi ancora a fantasticare.

domenica, gennaio 22, 2012

Vedendomi giù mi disse: "Ti manca?"
Un groppo alla gola. Feci di sì con la testa, non riuscendo nemmeno a parlare.

"Torna da lei felice. Ma felice davvero. E trasmettile tutta la tua gioia.
Deve essere gioia autentica, capace di passare da un corpo all'altro."

Quello che ho capito è che per alimentare ogni giorno il mio spirito, devo prima passare per il cuore.
Nei sogni e soltanto nei sogni c'è la chiave di svolta.

Per vivere quella vita che solo pochissimi alla fine possono dire di aver vissuto.

Anch'io, da grande, mi vedo altissimo.

sabato, gennaio 21, 2012

Che poi a ben guardare è tutto molto più semplice rispetto alle proiezioni della nostra mente.
Nel bene o nel male è così.

Mi riscopro qui e adesso, a ritrovare gli accordi e gli arpeggi.
A volte ci chiudiamo nell'apatia più totale perché ci complichiamo la vita nella testa.
E smettiamo di cercare e provare nuovi ritmi e melodie.

Il percorso è difficile, perché le difficoltà ci sono e ci devono essere.
Ma intraprendere la strada no, quello è alla portata di tutti.

E poi ritrovi energie e convinzione.
Ritrovi pure il sorriso, perché nella consapevolezza e nell'agire senti un nuovo vigore.
Non ti senti inferiore a nessuno, perché capisci che dentro hai tutto quello che ti serve.
Dagli errori e dagli sbagli s'impara, ma s'impara di più guardando avanti, scoprendo il mondo che ancora non sai.
Scoprendo risorse e qualità che non eri sicuro d'avere.
Scoprendoti più sicuro.

Forse è per questo che la vita ogni tanto ci mette degli ostacoli lungo il percorso.
Per rimetterci in gioco.
Perché non possiamo morire davanti a uno schermo, senza nemmeno averci provato.

mercoledì, gennaio 18, 2012

Movimenti impalpabili ed armonici che accarezzano l'aria.
Ali distese, ali finalmente spiegate in una danza felice, dopo una lunga attesa.

Resto con il naso all'insù, con gli occhi sgranati.
Mi riempio l'anima di quello che vedo.

Un'esplosione di vita, silenziosa come una farfalla felice, lasciata libera di volare.

Stacco i piedi da terra e mi lascio sospeso, provo a volare. Mi spoglio e mi libero da sovrastrutture.

Sento qualcosa che scivola via, come un balsamo, dentro. Qualcosa che sanifica, che mi libera il respiro dall’ansia.

Il cuore ha bisogno di gioia, altrimenti gela di rabbia. La gioia di vivere, senza la quale è impossibile amare la vita. Non sono lontano da me stesso, lo vedo, mi incontro.

Gli ostacoli, le paure, le delusioni, i fallimenti e le resistenze sono fardelli di cui mi sono riempito le tasche. Ho messo catene ai polsi delle persone per sentirle vicine. Sensi di colpi inutili che gravavano con insensatezza negli occhi, nella testa e nel cuore.

Le difficoltà di essere uomo, affrontate con timore.

Riparto da me stesso. Da quello che amo di me. La felicità di stare al mondo, la gioia di farlo. La vita mi ha dato tanto e tanto devo dare alla vita.

Il sorriso è un inizio e un riflesso, una dichiarazione di intenti. Mi voglio scaldare di gioia, per rifletterla nella maniera più vera. La gioia che poi si trasmette e fluidifica attorno, si propaga e contagia.

martedì, gennaio 17, 2012

Mentre mi consolavi e cercavi di rincuorarmi hai messo le mani sulle mie.
È stato bello risentire quell'incastro perfetto.
Lo risento anche adesso.

Mentre ti parlavi, interrotto da lacrime che uscivano via, mi hai preso la testa e mi hai abbracciato.
Ero confuso e turbato.
Non era possibile che stesse accadendo, sentivo tutto il mio corpo urlare.
Ti vedevo piangere e allo stesso tempo stringermi forte.
Non capivo, non riuscivo a capire cosa stesse succedendo.
E parlavo, raccontandoti tutto quello che pensavo di noi.
Poi mi hai baciato, un bacio dolce e delicato. Inaspettato.
Rivoglio quei baci perfetti.

Non volevo lasciarti andare. Non dovevo lasciarti andare.
Ho l'immagine fissa delle tue mani che si alzano piano.
E io non ho fatto niente per riprenderle.

Ci sono momenti in cui manchi di più.
In cui mi accorgo che non ci sei più.
E sto talmente male che ti vorrei in qualsiasi modo indietro.
Perché da solo non ce la faccio.

Mi mancano i tuoi messaggi. Mi manca chiamarti alla sera e scriverti quando esco dal lavoro.
Mi manca sapere come stai e com'è andata oggi.
Mi manca sapere come stai imbastendo la relazione di architettura.
Mi manca sapere che ci sei.

Tornassi indietro ti parlerei di più. Ti parlavo mandandoti messaggi e scrivendoti email, per sapere come stavi. Sono qua attaccato al cellulare e pc a vedere se arriva qualche segno da te.

Penso a quanto ci devi essere stata male. Però mi piacerebbe conoscere tutti questi aspetti, perché è vero che avevo lasciato andare il nostro rapporto su binari statici, ma perché penso troppo tra me e me le cose e così facendo sembra che non mi accorga di niente o che non ci pensi. Dovevo dirtelo che mi pesava non vederci durante la settimana, invece di chiederti timidamente ogni tanto se ti andava di vederci. Invece non te lo dicevo. Cercavo di fare altro e riempire il tempo. Su questo ho sbagliato. Poi mi sono impigrito e ho ceduto alla stanchezza. Su questo il lavoro è stato una mazzata forte. Poi gli orari diversi, ma che potevo benissimo far collimare in qualche modo. Tante piccole cose che ho sbagliato. Non te lo dico più per espiare una colpa, ma perché so che ho sbagliato. È tremendo, lo so che tante cose io le abbia capite solo ora. Lo so, sei arrabbiata con me per questo. Hai ragione d’esserlo. Perché anche se ti ho sempre trattata bene, queste cose ti ferivano, e per te questo significava non essere rispettata. Non ti bastavano i messaggi, i sabati e le domeniche. Non ti bastavano le vacanze. Non ti bastavano i regali. Volevi il quotidiano, volevi vivere con me la vita, che io fossi più presente. Era un tuo diritto. Non pensavo ad altro, anche se sembravo assente. Quando ho cercato di rimediare, perché da un anno a questa parte ti chiamavo di più, ti cercavo di più, sono diventato pressante. O meglio, questo era quello che mi dicevi. Questo mi ha spiazzato, perché non sapevo più cosa fare. Cercavo di fare una cosa migliore e peggioravo la situazione. Forse hai ragione che questa crisi doveva venire prima, molto prima. Ci avrebbe aiutato. Mi avrebbe aiutato.

Ci sono tante cose che ho sbagliato. Tante le ho capite troppo tardi. È come se mi avessi tolto un tappo e aperto gli occhi.

Non sapere quanto durerà questa pausa è un macigno che mi piega. Sai che non so aspettare nemmeno quando devo darti un regalo. Sto stringendo i denti. Mi pare di essere in attesa dell’esito di una visita e con l’animo rassegnato ma il cuore colmo di speranza. Non so se mi ami più. E questo fa davvero tanto male.

Perché se ho sbagliato tanto, sono comunque pronto a ricominciare partendo dal sentimento che provo e da errori che non posso più commettere. So bene che se mi concederai una nuova chance, non posso fallire o non ti vedrò più per sempre.

Scusa se ti scrivo ancora, ma davvero, non riesco a cancellarti e per quanto io mi imponga di stare lontano da te, non ci riesco. So che faccio peggio a scriverti, perché così facendo vedi che non riesco a stare senza di te. Ma è così.

lunedì, gennaio 16, 2012

Adesso vorrei scappare via. Lontano.
Perché non vedo speranza.
Mi sento meglio per aver detto cose che avevo dentro, in pancia.
Però questo non mi aiuterà, lo so.

Ma è impossibile vivere senza di te.
E domani non sarà un giorno migliore.

Vorrei che tu fossi qui.

Non so se sei già sveglia.
Ti mando comunque il mio buongiorno.

Stamattina al risveglio il vuoto era sempre di più.
Più di ieri e meno di domani.

Nemmeno un giorno sono riuscito a resistere.
Mi manchi che non puoi nemmeno immaginare quanto.

Sono qua. Solo per te.
Solo per te.

domenica, gennaio 15, 2012



Ti auguro una buonanotte.
Lo faccio da qua anche se mi risulta strano.
Non riesco a non farlo. Non riesco a non pensarti.
Sono qua per te.




Sono felice di averti detto tutto quello che potevo ieri sera.
Cercherò di scrivere poco anche qua, così da non farti stare male.

Ti aspetto.

sabato, gennaio 14, 2012

Passeggiamo, a braccetto.
Sento stretta la tua presa, non vuoi lasciarmi andare.
E non te lo dico, ma stringo più forte anch'io.

E parliamo di cose comuni, di facce comuni, non di luoghi comuni.
E ti ascolto.

E sento che se fossimo dentro a una stanza la felicità che ci esce da dentro salirebbe a toccare il soffitto.
Poi, come una serie infinita di bollicine di sapone colorate, cadrebbe nuovamente su di noi.

venerdì, gennaio 13, 2012

E prendo un raggio di sole e lo tiro, lo tiro forte.
E aspetto. Aspetto che in qualche cielo un acquazzone spruzzi d'acqua la terra.
E provo a immergere il raggio di sole nelle gocce d'acqua.
E riuscirò a regalarti l'arcobaleno, prima che scenda la notte.

Ritagli.
Si, perché di ritagli si tratta.
E vedo i bordi bianchi, che sembrano quelli di una polaroid. Di carta.

E sento il bisogno di quei ritagli, per attaccarmi stretto a qualcosa.
Frammenti. Non sono sintesi esaustive che riempiono la pancia.
Non sono ricordi immutabili, perché verranno distorti.

E tutto sembra nebbia, quando prima non serviva che uno sguardo per intercettare la direzione.
E tutto sembra sole, quando il caldo è sulla pelle, e la vita è una sublime giostra di piacere.

Di nuovo, ancora, si ma di solito, no, ecco, va bene, lascia stare.
La storia si basa su storie che hanno dinamiche simili.
È questo che mi preoccupa, dannazione. È questo.
Perché queste dinamiche non le posso gestire.

Perché le vie non le posso cambiare, perché le direzioni non le posso invertire.
Posso correre veloce e più veloce cercare di anticipare il prossimo giro di dadi.

E coi numeri e quadrifogli non sono mai stato molto fortunato.
Specie coi quadrifogli: si nascondevano, lo so, e io comunque non lì volevo strappare.

martedì, gennaio 10, 2012

Ho un pensiero fermo in doppia fila.

Faccio finta di confondermi tra di loro.
Faccio finta di non capire, di non vedere.

Mi sento un po' come le auto quando sono ferme in coda.
Mi sento un po' come quando fuori piove e il vetro si appanna.

Anche i pensieri si fanno spessi.
Scappo via gettandoli dal finestrino.
Cerco di liberarmi un po'.

lunedì, gennaio 09, 2012



Passava questo sole nel mio cielo.
E già si allungava in lunghi sbadigli incollati come ombre nere ai piedi degli edifici.
Non mi dilungai molto.
Come una piccola ape sospesa a mezz'aria mi sorprendevo a sorprendere piccoli fiori timidi di cui non ricordo il nome.

Decisi di uscire allo scoperto.
Era notte. Era buio.
Nessuno mi poteva vedere.

Estrassi dalla tasca un pennarello e iniziai a disegnare il mio piccolo mondo.
E lo colorai tutto, perché i colori riempiono gli spazi tristi.
Poi feci il bordo, lo marcai bello spesso. Lo feci visibile perché il bordo in realtà non esiste.
Richiusi il pennarello ed entrai.

Mi ricordo che da bambino le giornate erano lunghe lunghe e mi bastavano.
Anzi, forse erano quasi troppe.

domenica, gennaio 08, 2012

Successe così e successe per caso.
Ma non successe subito.
Ci fu del tempo in mezzo, chissà poi perchè.

Si conobbero che già si piacevano, ma quando ci si conosce per la prima volta bisogna stare attenti perchè ci si può sbagliare.
Ognuno mostra la miglior faccia e qualcuno anche l'espressione più bella.

Poi, poi è stato un susseguirsi di scoperte, piacevoli.
Non è solo questione di stesse passioni e stessi interessi.
C'era un qualcosa di più, e si vedeva.
Se ne accorsero pure i bambini che c'era qualcosa di più.

La cosa più bella è che quando si presero poi non si lasciarono più.
Non passò giorno.

I tempi felici, si sa, sono come i castelli di sabbia ben riusciti: belli, bellissimi, ma fragili, tanto fragili.
E capita di sedersi a guardare questi castelli e voltare le spalle al mare, non vedere l'alta marea.

Tutto e sempre gioca contro, ma questo è normale.

Però l'essenza stessa della vita sta in questi cstelli di sabbia.
Se fossero di cemento, non avrebbero lo stesso effetto.
Se non fossero costruiti in riva al mare, non avrebbero la stessa poesia.

Basta avere cura, custodirli.
Non avere paura del mare nè sottovalutarlo.

I castelli di sabbia possono avere salde fondamenta.
E se il vento porterà via qualche guglia, ci sarà modo di ricostruirla.
Anche meglio di prima.




Il fatto di non potere fare niente mi spacca.
Non so cosa farei per aiutarti in questo momento.
In primis mi prenderei il mal di gola e il male all'orecchio, almeno non avresti fastidi.
Sono sicuro delle tue capacità, sono sicuro di te.
Vorrei fartelo capire, adesso.

Vorrei farti provare quella sensazione di quando mi dicevano da piccolo: "Tranquillo, va tutto bene".
E io mi fidavo, perchè sapevo che sarebbe andato tutto bene.

Va tutto bene, vedrai che ce la farai!
Sei troppo brava.

Aspetta.
Adesso mi smonto e mi rimonto corretto.

Nacqui libero, me ne devo ricordare.

Ci sono pensieri che sono immuni alla domenica mattina.
Andrebbero staccati il sabato sera.

Sì, lo so, scusa.
È che vorrei tu fossi già sveglia.
Vorrei fare colazione assieme, anche se parlo troppo e appena sveglia un pò non ti va.

E poi, dentro a un sogno, come posso farti capire quanto ti voglio bene?
Forse ti prenderei la mano e ti chiederei: come stai?
Perché c'è una differenza abissale tra un normale 'come stai?' e il 'come stai?' che chiederei a te.

sabato, gennaio 07, 2012

Che ora segna un orologio al contrario?

Il freddo sembra non volerne discutere.

venerdì, gennaio 06, 2012

Hanno già srotolato la notte, fuori, nel cielo. Hai visto?
Spero passino ad accendere le stelle: a te piacciono le cose che luccicano.
Anch'io preferisco un cielo luminoso.
Fa più compagnia.

A volte inserisco una virgola, dopo la e.
Lo so, non si dovrebbe.
Però mi aiuta a staccare.
Cercherò di non farlo più.

Cosa vorrei lasciare dietro agli angoli?
Spigoli e altri angoli.

E un paraspigoli. Per ogni spigolo.

Ripasso mentalmente quello che vorrei dirti e scriverti.
Sorrido.
La caffettiera sta brontolando che il caffè è pronto.
Sciolgo tutto nella tazzina, aggiungo due cucchiaini di zucchero e mescolo piano.

Adesso prendo due maniglie, le attacco a terra e tiro su tutta questa nebbia.

giovedì, gennaio 05, 2012

Non voglio sporcare questo giorno scrivendo d'altro.

Accesi la luce.
Temevo di trovare tracce di affreschi, belli ma consumati.
Invece rimasi sorpreso: la vernice era ancora fresca.

Ed il disegno era bellissimo.

Bene, stanotte ti bacerò, in sogno.
Domani mattina mi sveglierò con tracce del tuo lucidalabbra sulle mie labbra.

mercoledì, gennaio 04, 2012



Cos’è quando il resto non ha sapore, quando il mare non ha fine?
Cos’è quando fuori tutto tace e dentro è così lieve?
Cos’è quando non so mai cosa dire, quando nel silenzio basta un filo di voce?
Cos’è quando quell’istante è un momento puro e intenso che dura ore?
Cos’è che sta fluttuando a mezz’aria scivolando su un raggio di luce?
Cos’è che ripenso a un sorriso, due occhi vicini, una carezza e mi sento bene?

Cos’è quando non so e non ci voglio pensare, cos’è che in un sogno oppure era vero, non cerco il domani, non voglio sapere, un tratto di tempo, un incrocio di mani, un soffio di gioia in punta di labbra, un battito leggero d’ali, e la vita è e l'amore pure.

Faccio un falò coi silenzi.

Volevo tanto essere mancino per sentirmi più genio e anti-convenzionale.
Però non ci sono riuscito.

I tuoi arcobaleni non ghiacciano mai nel mio cielo.
Nemmeno col freddo più intenso.

Mi preparo un the caldo.

Accendo il bollitore, reminiscenza di Londra, e aspetto che l'acqua in vada in ebollizione.

Prendere un the a quest'ora, in inverno mi ricorda di quando ero piccolo e papà preparava il the, nei pomeriggi in cui era a casa dal lavoro. Facendo turni, capitava spesso.

Ricordo perfettamente il piccolo fornelletto elettrico, una sorta di piastra grigia che ci metteva un sacco di tempo a scaldare l'acqua. Il pentolino che di solito usavamo, sembrava fatto su misura.
Lo zucchero era contenuto in un contenitore bianco di ceramica, dalla forma molto particolare: sembrava una sorta di portagioie di medie dimensioni: una sorta di parallelepipedo con coperchio dagli angoli smussati. All'interno ci stava un cucchiaino d'argento, o almeno credo fosse d'argento.

La particolarità della 'zuccheriera' stava nelle decorazioni, veri e propri disegni, che papà aveva eseguito a caldo sulla ceramica. Decorazioni verdi, e la sua firma in nero.

Era un momento di intima condivisione prendere il the. L'attesa dell'ebollizione, i tentativi di non sgocciolare sulla scrivania, di solito riempita di quaderni o carte e infine l'attesa per non scottarsi. Mi piaceva quel rito.
Mi sentivo al sicuro, protetto, al caldo della mia casa.

Giallo, tendente all'arancio.
Poi celeste, blu, rosso e rosa.

Ho affettato frutta con una sciabola, in punta di dita.
Lasciavo scie luminose a ogni colpo, cercando di evitare mine vaganti.

Happy people! Happy people! Happy people!

Le cose divertenti non rendono necessariamente felici, altrimenti vorrei davvero essere il più bravo dei barzellettieri o il più abile dei clown. Per essere divertente.

Voglio farti ridere e renderti felice.
Certo, se serve, mi metto pure il naso rosso e applicherò il trucco sulle guance.
Così..potrai ridere un po' di me..

martedì, gennaio 03, 2012

Something like a drop.
Something happens.

Something like a rainbow, starting from a tear.
Something changes the rules because we want to play in a different way.

We want to laugh, we want to be happy together.
Something simple. We don't ask anything else.

We want to cry out loud that we love each other.
Something simple. Something beautiful.

Like our first snuggle. You have desired it so much. And me too.

Something like a real dream. Something like everyday in our lifes.



(-)
Coldplay "Paradise".
Scarpe diadora marroni e blu.
Pantaloni seri.
Stempiatura e primi capelli bianchi.
Twitter.

(+)
Moravagine "Vizi".
Adidas Stan Smith.
Jeans.
Capelli corti e barba di 3 giorni.
Google Talk.

Oscillazioni.

E se tutto questo non bastasse?
Se fosse tutto inutile?
Se anche mostrandoti che sono vivo e che tutto ruota in torno a te?

Ogni tanto quando questo pensiero si incunea devo togliermelo dalla testa.
Ma mi finisce giù nello stomaco.
Sottoforma di un pugno.

Mi fermo e guardo l'anulare della mano destra.
Mi ricorda tutta la mia responsabilità nei tuoi confronti.

è sempre stato motivo d'orgoglio sfoggiarlo. Il mio motivo d'orgoglio.
E il fatto che tu me l'abbia regalato dopo un solo anno ha significato molto.
Anzi tutto.

Ho sempre temuto di perderlo.
Per questo ho sempre praticato sport custodendolo gelosamente nella tasca del portafogli.
E ogni volta, al termine della gara, verificavo che fosse lì.

La testimonianza d'amore in un piccolo cerchietto.



Esco?
Esco.

Anzi entro, dentro.

Lascio i freni, in discesa e prendo velocità.

Prendo un taccuino e appunto tutto.
Tutto quello che mi passa davanti.
Registro tutto.

Parole, parole, parole.
Le scrivo.
Inizio pensieri. Uno dopo l'altro.
Li lascio così, uno sopra l'altro, intrecciati stretti, come i rami degli alberi, che a guardarli sembrano sormontarsi.

Respiro. Respiro ancora.

Forza. Coraggio. Solidità.
Decisione. Caparbietà.
Sicurezza.

Sensibilità. Pazienza. Attenzione.
Empatia. Simpatia.
Dolcezza.

Ce la posso fare, ce la farò.
Speranza.

Una mongolfiera colorata nel cielo. Lo solca piano.
La vedo.

Sorrido.



Cose.
Ci sono cose che ci sono.
O meglio sembrano.

Ci sono cose che appaiono.
Cose che sembrano esserci.
Cose che sei sicuro di averle toccate, di averle provate.

Ci sono cose che... ci sono, anche se sembra di no.

Ci sono cose che loro stesse ci diranno che siamo noi quelli di passaggio.
Cose che mettiamo in discussione.
Cose che chiamiamo cose perché non ci ricordiamo il nome, o abbiamo paura a pronunciarlo.

Il peso di cose che si accumulano su cose e dobbiamo guardarle a testa in su.
E non ne vediamo la fine.

Credo mi iscriverò a breve in palestra e comincerò ad andare a nuotare.
Voglio che le mie spalle diventino belle larghe.
Che diano sicurezza.

E mi supererò affinché siano il riflesso di quello che sono dentro, e non una mera facciata.

Ti chiederò di uscire e avrò paura nel farlo.
Ho paura che tu mi dica di no.

Vorrei che fossi te a chiedermelo. E io ti direi di sì, certo, perché non aspetto altro.
E poco importa se siano 10 minuti, un'ora o 5 anni.
Vorrei che mi raccontassi la tua giornata, le tue preoccupazioni.
Vorrei darti speranza, darti allegria e tanta forza.
Vorrei essere un motivo di serenità, quel punto fermo che ci da sicurezza, come tu lo sei per me.

Vorrei che mi chiedessi di aiutarti. Perché sarebbe un piacere.
Perché mi sentirei utile. Perché darebbe senso al mio essere uomo dinnanzi a te.

Vorrei che mi baciassi forteforte come solo tu sai fare, quando premi le tue labbra contro le mie e ti insinui dentro.
Perché quando lo facevi, io non aspettavo altro.

E puoi dirmi che mi ami, i miei occhi non sono chiusi perché non vogliono vederti e la mia bocca non è sigillata dal silenzio perché non vuole parlarti.
Mi stai insegnando a vivere una volta di più.
Tutta la mia paura di perderti è un frastuono interiore che deflagra. E questo frastuono rimbomba perché questa paura mi accompagna da sempre. E più ho avuto paura di perderti e più cercavo di dirtelo ma la bocca mi si serrava e non volevo vedere che te ne andavi.
Non volevo metterti in testa strane idee. Non volevo spingerti lontano. E sembravo assente.
La paura di perderti.

Rivolto il tempo come si farebbe con un vecchio calzino ed indugio anch'io ripercorrendo gli attimi che non sono perduti, sono anzi come un seme dentro, o un gioiello da custodire.

I miei pensieri, le mie vecchie parole..è un mondo di cui tu hai la chiave. Sei capace di aprirmi e di chiudermi, di sbloccarmi e di bloccarmi. E lo so che dovrei avere una chiave di riserva, ma non la possiedo, non la voglio possedere perché mi fido di te.

Ricontrollo la tela, e cerco di sistemare quel filo che si è un pò tirato. Capita a volte, anche nelle migliori tele.
Ma la bellezza del filato e la qualità dei tessuti non meritano di essere buttati per un semplice filo tirato.
E ci sei te in quella tela.

Nessun giorno è trascorso senza che tu mi svegliassi e mi chiudessi gli occhi.
Non ti ho dimenticata un solo giorno.

lunedì, gennaio 02, 2012



Torno a casa.
La pioggia cade lenta.
Non capisco se sia la bassa pressione a farmi sentire così o se sono io che sono sotto pressione e mi sento così di mio.
Forse entrambe, ma più la seconda che la prima.
Mi sembra di averti deluso una volta ancora.

Tutto sembra meglio di me.
Tutto sembra decisamente più brillante.

Vorrei davvero essere più principe e meno azzurro.
Così assomiglio a un puffo, più che a un principe.

Ti sto vicino cercando di essere quello che sono, perché non ho altra scelta.
Sono quello che ti guarda e ti scruta, quello che ha bisogno di abbracciarti e accarezzarti i capelli.
Non sono migliore di altri, non ho i super poteri.
Non ho un sorriso magnetico capace di stregare.
Non ho parlantina sciolta da sedurre.

Posso solo essere quello che sono.
Al meglio di me stesso, cercando di dare il meglio che ho dentro.
Mettendo al bando la pigrizia e la supponenza.

Cerco una carezza e cerco i tuoi occhi, anche dietro gli occhiali.
Cerco il tuo sorriso. Quando si schiude è così bello, incorniciato dalle due fossette agli angoli della bocca.
Cerco il tuo sorriso perché quando sorridi l'iride ti si illumina.
E tutto si scioglie. E non conta più niente.


Sto dipingendo la scenografia affichè il sogno sia vero, affinché l'ideale sia reale, così appena ti svegli potrai ritrovare il mondo fatato.
Mi sto vestendo d'azzurro e mi sto procurando un cavallo, così da sembrare un principe. Quello dei sogni.

Non si tratta di una messinscena, non ti voglio ingannare.
Voglio solo regalarti il mondo che desideri.
Voglio che tu lo veda con i tuoi occhi.


Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.

I minuti diventano ore.
Inerme e fragile, posso solo aspettare.

Aspettare. Aspettare. Aspettare.

Non ce la faccio. Non ci riesco.
Riempio di musica la stanza.
Riempio il silenzio sperando che la pressione che c'è qua dentro finisca per fare fluire via il vuoto.

Vorrei mandarti un messaggio o chiamarti, come solo fino a ieri era normale.
Ma non voglio disturbarti. Non voglio darti fastidio.
Ma non posso fare a meno di pensarci.
E pensare di darti fastidio o non essere gradito mi toglie il respiro.
Mi devo alzare.

Mi torna in mente la scena finale della sirenetta, dove il principe sotto incantesimo viene svegliato giusto in tempo, prima di sposare la strega. Ci rimanevo male a pensare che un semplice incantesimo malvagio potesse vincere l'amore. Poi l'amore si sa vince sempre. E il principe sposa la sirenetta.

Altri minuti. Altro silenzio.
L'incantesimo continua e non sono io il principe.
E soprattutto credevo di avere anch'io l'antidoto alla pozione.
Un bacio forse.

Non posso fare nient'altro che scriverti.
Non mi resta altro da fare. Non ho più armi, non ho più munizioni.
Mi resta solo quello che provo per te, mi resta solo un sentimento forte, che mi chiede di fare tutto il possibile, e se possibile di più per non lasciarti andare.

Se c'incontrassimo oggi ti sceglierei ancora. Se potessi, ti vorrei conoscere una volta di più. Cerchierei la parola 'Jolly' più forte in modo che tu la possa vedere.

Se c'incontrassimo oggi ti direi che sei la ragazza piu bella che io abbia mai conosciuto e vorrei uscire con te, per la prima volta. Forse ti porterei al cinema, e ti vorrei baciare. Fin da subito.

Se c'incontrassimo oggi sarei geloso degli sguardi degli altri ragazzi sul tuo corpo, perché desiderano solo quello, mentre tu sei di più, ben di più.

Se c'incontrassimo oggi non usciresti più dai miei pensieri, e ne sarei felice.

Si, ti concederei tutto quello che vuoi. Anche una pausa.
Per te arriverei a tanto.
Potrei andare contro a me stesso.
Potrei andare contro quello che credo, perché credo più a te che a me.
Però ho una così tanta paura di perderti. Così tanta paura di perderti che solo a pensarci è un dolore così forte da fare male. Ti vorrei sempre con me.