mercoledì, agosto 30, 2006

Che sogno strano! Ci sono dei fantasmi, ma non è un incubo, non fa propriamente paura: anzi, è tutto alquanto assurdo e caotico: quattro fantasmi bianchi che litigano con uno verde: “Tornatene a casa, marziano! Questo è territorio nostro, vai via!” e quello verde a replicare “Ma su Marte non sognano, e poi che fastidio vi reco?”. Cominciano le offese e l’accerchiamento dei quattro bianchi nei confronti di quello verde. Assisto alla scena: ammetto di essere parecchio stupito. Quando realizzo quello che sta accadendo intervengo: “Scusate…sono il proprietario del sogno. Sentite, a me lui non da fastidio…per me può tranquillamente rimanere…”. Silenzio per un istante, poi, come nei film, questi si girano. Purtroppo la mia uscita non sortisce l’effetto sperato. “Taci tu!” cosa ti impicci in affari che non ti riguardano! Riprendi a dormire!”. Sì, avete capito bene: insultato da dei fantasmi razzisti in un mio sogno. E non finisce qui. Dopo una raffica di improperi e spintoni vari ai miei danni, si avvicina quello verde – l’unica nota positiva è che i fantasmi bianchi si sono concentrati su di me lasciandolo in pace- il quale, piuttosto di ringraziare per l’aiuto, con fare offeso, mi attacca dicendo ”Maleducato che non sei altro…non vedi che sono una donna!! Non hai notato il velo più lungo?!”. Per un attimo ho avuto l’impulso di trasformarlo, o meglio, trasformarla in una magnifica tenda verde. Ci ha pensato mia sorella a risolvere il tutto, accendendo la luce della camera…”Dai… sveglia!! sono le sette e mezza, tra mezz’ora dobbiamo andare!”

lunedì, agosto 28, 2006

Una macchia d’olio calpestata più volte, orme di passi femminili sul pavimento di marmo bianco, lucidato con un denso strato di cera. E tu, come sempre in perfetto equilibrio, mentre io, per terra dopo l’ennesima caduta, ti guardo, mentre tendi una mano per aiutarmi.

sabato, agosto 26, 2006

“L’hai vinta o l’hai persa la battaglia?”. La nostra amicizia è cominciata con questa domanda, quindici anni fa. Ti riferivi a un videogame portatile: io ero tutto intento a giocarci, a scuola, durante l’intervallo. C’era un punto in cui perdevo sempre. Tu mi spiegasti come superare il livello.

“L’hai vinta o l’hai persa la battaglia?” era anche la domanda che ci ponevamo in quei momenti in cui la barba sfatta, il capello scompigliato, gli occhiali scuri in giornate nuvolose, erano segnali inequivocabili di serate, anzi nottate, in cui il sonno ci aveva cullato per troppe poche ore.

Tre anni fa sei partito con la tua fidanzata per Londra: ci siamo sentiti spesso nel primo periodo, poi sempre meno. Alle ultime mail non hai nemmeno risposto. Qualche mese fa ho rivisto la tua ragazza, o meglio ex: mi ha raccontato tutto. Che vi siete lasciati, che la tradivi. E in lacrime mi ha detto dell’overdose di coca, che fortunatamente ce l’hai fatta, ma solo per un pelo: eri arrivato sulla linea, anzi l’avevi già calpestata a sentire i medici. Il tuo cuore ha resistito. “Mi ha detto che era la prima volta, che la partita era tagliata male, qualcosa del genere… che non toccherà mai più quella roba” era disperata, "già da un pò era diverso. Pensavo fosse dovuto al fatto di trovarsi in una realtà nuova... mai e poi mai mi sarei aspettata certi suoi atteggiamenti..." e si capiva che era ancora innamorata di te. “È successo un anno fa” ha aggiunto ”ma non ha voluto che si sapesse”. Non so che pensare: ancora oggi stento a crederci.

“L’hai vinta o l’hai persa la battaglia?” la prossima volta che ci sentiremo, questa domanda avrà un ulteriore significato.

mercoledì, agosto 23, 2006

Io? Insofferente?! Figuriamoci… ti stai sbagliando di grosso! Guarda che cambio mantra ogni quarto d’ora solamente perché dopo un po’ mi annoio, mica per altro…

martedì, agosto 22, 2006

Ore 16.30. La voglia di studiare questo pomeriggio è equiparabile alla fede religiosa in un ateo: assente. (Qualcuno afferma di averla vista spaparanzata sulla spiaggia di qualche località esotica a godersi il sole e il mare… vi prego se la vedete - la mia voglia di studiare intendo, non la fede dell’ateo - ditele di tornare presto: mi serve!!). Ho bisogno di un buon caffè. Ma non ho per niente voglia di prepararmelo. Bar? Sì dai, ci sta. Mi sistemo ed esco. In auto Julian Casablancas con i suoi Strokes continua a ripetere che non ha niente da dire. Mi associo Julian! Entro in bar, il solito ormai da anni. “Ciao! Mi fai un caffè liscio, per piacere?”. Mi siedo. Gazzetta. Solite notizie: l’Inter non si smentisce mai… in ogni trattativa di mercato è coinvolta: mah! Sorseggio il caffè “…sicuramente il migliore in zona!”penso, mentre leggo distrattamente l’intervista rilasciata da un noto calciatore. Si apre la porta, alzo gli occhi: è entrata una ragazza.“carina, veramente carina” la guardo, senza farmi vedere. Mai vista prima, me ne ricorderei altrimenti. Ordina un caffè al banco, lo consuma, poi esce dal retro. Dopo un po’ rientra e mi chiede se ho da accendere “No, mi spiace, non fumo” rispondo “non importa, grazie lo stesso..” Sorride. “caspita che viso!”. Si rivolge al cameriere che gentilmente le porge un Bic verde . Esce nuovamente. “mica male la tipa”, mi fa lui “no, anzi! Proprio bella!” rilevo io. Occasione ghiotta. Esco. “ciao, scusa, sbaglio o ci siamo già conosciuti?” butto lì, chiaramente mentendo, ma d’altronde bisogna pur rompere il ghiaccio. “beh, sì che ci siamo conosciuti…non dirmi che ti sei dimenticato il mio nome…”. Panico. “Houston, abbiamo un problema!” dentro suona un allarme generale: figuraccia in arrivo. “beh… no… ecco, io, no….è che sei cambiata… forse…ma non dirmi che sei proprio tu?”provo disperatamente a rimediare. Fa una faccia stupita, poi scoppia a ridere. Non capisco. O meglio sì: evidentemente mi ha preso in giro.”non ci siamo mai visti prima…vero?!” le chiedo con fare quasi sommesso. Lei scuote solo il capo, mentre continua a ridere.”non in questa vita almeno!” replica lei, mentre la sua risata fa da sottofondo alla mia vergogna. “..Mi presti l’accendino?” le chiedo. “…Ma… hai detto che non fumi?!” mi guarda con fare in parte interrogativo e in parte divertito. “ infatti…mi serve solo per bruciarmi vivo…all’istante!”. Scoppia a ridere nuovamente, questa volta mi lascio trascinare anch’io.
“Ci sediamo…?” mi fa lei. “Volentieri!” penso io, mentre sorridendo, annuisco e sposto la sedia.

lunedì, agosto 21, 2006

Lavori in corso sulla superficie del mare: dicono ci sia qualche buca di troppo. Mi sembri distaccata, non ti lasci scrutare. Intendo rispettare il tuo sguardo ombroso, che mi intima il silenzio. Se non vuoi parlare non intendo forzare la tua volontà. Il tuo sorriso abituale oggi è solo un’espressione facciale che sa di plastica, è una mezzaluna spezzata. Qualcosa ti logora, è evidente. Stai macinando frasi, un riflesso nell’iride proietta ombre che si amplificano in me e mi frustano con ondate di agitazione: mi mette a disagio vederti così. Te ne accorgi e ti scusi. Non serve. Non me la prendo: me ne rendo conto, tra noi non c’è sufficiente confidenza perché tu possa lasciarti andare. Mi spiace solamente non poterti essere d’aiuto.

venerdì, agosto 18, 2006

Al rallentatore le immagini sfrecciano, in un sogno dolce in versione acustica, dove trovo armonia e pace. Venature rosa in un cielo azzurro, ma tutto a pastello: niente è melenso, né troppo acceso. Non esiste il superfluo. Sto bene, mi accorgo che è una dimensione che non mi appartiene perché non riesco a leggere le parole, scritte con lo spray su un muro. Vedo un cuore, non c’è rumore. Passo avanti, oltre il muro, una strada, una panchina, mi fermo ad aspettare.

mercoledì, agosto 16, 2006

Camminiamo verso l’appartamento, è quasi l’alba, Barcelona sonnecchia, anche perché questa splendida città non dorme mai. Seduto per terra, fumando lentamente, quel vecchio sembra contemplare il sorgere del sole. Noi intanto avanziamo chiacchierando, senza badare troppo al tono della voce. “Ragazzi… fermatevi..” ci chiama così, la voce roca, logorata dal tabacco, ma molto fine nell’impostazione “Ho una cosa per voi..”. “Non ci serve niente, stiamo bene così!” rispondiamo quasi in coro. “tranquilli, non voglio vendervi niente, ho un regalo per uno di voi... vi chiedo un minuto, uno soltanto.”. Solitamente tiriamo dritti, ma lei decide di concedergli un po’ d’attenzione. Io, controvoglia, mi adeguo. Il vecchio estrae dalla tasca un sacchettino. Già mi immagino cosa possa contenere. “Siamo a posto così, la ringrazio, ma non ci occorre niente!” ripeto un po’ spazientito. “Questo è per te..” mi fa. Guardo. È un sacchetto con un po’ di liquido trasparente. “..ma è acqua?!” faccio io. “Sì, è per il tuo pesce..” “Ma, io non ho pesci…!” replico. Estrae un blocchetto di carta, scarabocchia qualcosa e mi porge il foglio: ne ha disegnato uno, un po’ particolare. Nero, quasi una palla con strani pungiglioni e con tre code che sembrano rami. “Bene, ora ne hai uno!” mi fa, alzando lo sguardo e continua a dire “era da un po’ che ti cercava…abbi cura di lui, io non lo posso proprio custodire..”.

martedì, agosto 15, 2006

Sono un filo d’aria, e voglio andare dove mi pare. Basta con ‘sta storia: libero come il vento…non è affatto vero! Io non so chi mi guida, ma finora non sono andato dove volevo. Correnti più impetuose, il mare, qualcuno dice la luna e il sole, altri addirittura l’uomo…non so chi ci sia alla guida del timone, e francamente, non m’interessa saperlo, ma non mi lascio più pilotare. Basta. Mi prendo un giorno di ferie e giro il mondo. Voglio vedere dov’è più azzurro il cielo, e se in alto riesco a respirare. Voglio andare a est per vedere la prima alba e correre a ovest per scorgere l’ultimo tramonto. Voglio spostare le dune nel deserto e sospingere uno stormo di gabbiani. Bagnarmi le mani nel mare, per poi risalire, su, su una nuvola per asciugarmele per bene. E aspettare quel bambino che nell’ultima settimana più volte ha provato, vanamente, a far volare il suo aquilone… ecco starei lì delle ore pur di farlo divertire.

lunedì, agosto 14, 2006


La vita, come la fantasia, è un’esperienza totalizzante; solo che, troppo spesso, tendiamo a dimenticarlo.
Quando ce ne rendiamo conto e smettiamo di interpretarla passivamente, la felicità non è più solamente un premio.

domenica, agosto 13, 2006

“Mi laureo a 25 anni, in linea con la mia tabella di marcia. Un anno all’estero per imparare la lingua. Intanto lei finisce l’università. Torno, trovo il lavoro giusto per me, mi do da fare e finalmente potrò pensare a costruirmi una casa. Mi sposerò e avrò una bellissima famiglia.” Momento epico. Dovrebbero scattare gli applausi. E anche una musica solenne per enfatizzare il tutto.

Sfortunatamente per lui non resisto e alzando il calice, ad alta voce, esclamo:”…Che la forza sia con te!”

sabato, agosto 12, 2006

Cammino per strada. Il sole non brucia come solitamente d’estate. L’asfalto non sbuffa calore. C’è un filo d’aria, che figuriamoci se non si intrufola tra i vestiti e tra i capelli. Mi fermo. Non passa un’auto che sia una. Meglio così. Questa zona vicino a casa tra un po’ sarà diversa, deformata da un’arteria che convoglierà parte del traffico del centro. La ferrovia sembrava un limite invalicabile, un confine tra la zona industriale e questo ultimo scampolo di campagna. Una barriera che ha resistito per molti decenni: una barriera tuttavia troppo facile da aggirare. I miei nonni erano contadini, hanno “lavorato la terra”, quella stessa terra che diventerà asfalto. Quanti sacrifici per un raccolto… ricordo ancora gli occhi volti al cielo da parte del nonno quasi a supplicare un pò di pioggia o la fine della grandine. Avanzo lentamente e mi tolgo i Ray-ban neri: voglio avidamente conservare il ricordo di questa zona, senza schermi. Ormai i lavori sono ultimati: la striscia nera è ancora innocua, confusa tra il verde di cespugli e fronde: questo fiume di catrame si snoda attraverso quel che resta della campagna, che si ritrae e si lecca le ferite, dopo l’ennesima amputazione. Seppur mutilato, senza il flusso di vetture e camion che presto lo invaderà, questo spicchio di territorio mi è ancora familiare. E me lo voglio godere così, silenzioso, ingenuo, defilato un'ultima volta ancora.

venerdì, agosto 11, 2006

È schietto il silenzio quando tace perché non ha niente da dire. È un amico sincero quando mi zittisce e mi consiglia di ascoltare: ogni volta penso che si sbagli perché in apparenza non sento alcun rumore. Mi dimentico – Dio, quanto sono ingenuo! – che c’è un suono che l’orecchio non riesce a percepire. Allora mi metto ad ascoltare in silenzio la voce del silenzio: tanta basta per creare in me uno stato d’animo di confusione

giovedì, agosto 10, 2006

E ora, se hai tempo e voglia, mettiti a ricostruire il puzzle. Le tessere ce le hai. Non ce poi molto da pensare. Prova a spostare quel pezzo in alto e l’altro ruotalo e incastralo su quello che tieni in mano. Combacia perfettamente, fai la prova. È vero, ci vuole pazienza, ma non dovrebbe essere particolarmente difficile. E quando hai concluso, osserva l’immagine finale, dovresti conoscerla molto bene…

martedì, agosto 08, 2006

È da un po’ che parliamo. D’altronde era anche da un bel po’ di tempo che non ci si vedeva. “Cosa cerchi in una ragazza?”. “Mah… non so nemmeno cosa voglio da me, figurati se ti so dire cosa cerco in un’altra persona… a sedici anni forse avevo qualche punto fermo in più!”. È vero, più passa il tempo e meno mi interessa costruire un archetipo ideale di fidanzata. “di sicuro una ragazza che mi sappia aspettare e ascoltare e che a sua volta abbia voglia di parlare, di confrontarsi, di crescere. Di mettersi in discussione anche.” Sì dai, più o meno ci siamo. “ e che si interessi di libri e cinema…se possibile”. Mi guarda e il suo sguardo sembra dire: “ lo sapevo!” “E tu cosa cerchi in una ragazza?” glielo chiedo mentre finiamo di sorseggiare lo spritz. “…guarda, ormai non ho più pretese a riguardo…quello che arriva arriva…”. Figuriamoci se lui si accontenta: non l’ha mai fatto e mai lo farà. “Vuoi farmi credere che sei arrivato al punto: basta che respiri?” “Sì” mi fa lui, con aria di chi la sa lunga “hai detto bene: basta che respiri! Escluse quelle con l’asma, che poi non mi lasciano dormire la notte, tutto il resto va benissimo!”

lunedì, agosto 07, 2006

Mi sta sfuggendo di mano. Questa bolla d’aria mi scivola dalle dita. Non vorrei perderla. Ci ho giocato distrattamente, all’inizio, senza attenzione. Non la sentivo sulla pelle. I miei sensi non la percepivano. Quando ho realizzato cosa stavo maneggiando, mi sono stupito e un po’ irrigidito. E quando mi ricapita?! Non la devo scoppiare! non la devo scoppiare..! Cosa mi serve una bolla d’aria? Mah, progetti veri e propri non ne ho… però avrei una mezza idea di usarla per bloccare il mare… Anzi no: quasi quasi ci aggiungo un po’ di sapone: così facendo, in questa bolla, mi ci potrei pure perdere..

sabato, agosto 05, 2006

Le parole d’altronde a che servono? Ne estraggo qualcuna a caso, le lancio in aria, sopra la mia testa per poi aprire la bocca, per provare a beccarle con la punta della lingua. Le sciolgo, le assaporo. A volte ci gioco come solo i bambini sanno fare. A volte le lascio libere di vagare; a volte non le trovo, specie quelle più comuni, tipo ”..sei speciale, ti volevo ringraziare..”. Queste, dinnanzi a te, proprio non vogliono uscire.