venerdì, giugno 30, 2006

Porto l’amore alle donne. Ho questo dono. Non è uno scherzo, non mi sto inventando niente. Dirò di più: io, il più delle volte, non devo nemmeno fare niente per portare l’amore. Mi viene naturale, non so che dire. Ve l’ho detto: il mio è un dono. Cosa succede? È presto detto: appena m’invaghisco di una ragazza, qualsiasi e senza che lei lo sappia o lo sospetti, tempo tre giorni e questa si fidanza. Con un altro.

giovedì, giugno 29, 2006

È una luna, ma non cerca più un suo pianeta. È un satellite che se ne và per la sua strada. Ma una volta anche lei ne aveva uno suo, di pianeta, solo che si stancò di ruotare attorno senza riconoscenza. Poi aveva tanta voglia di vedere l’universo, di vedere le stelle da un’altra prospettiva, perché ormai non ne poteva più di unirle in cielo, con la fantasia, a formare le costellazioni. Prese e partì. Di notte. Mentre il pianeta dormiva. Non incontrò nessuno per molti molti anni. Una mattina si ritrovò sulla sua superficie un piccolo essere, diceva di essere un principe, che si fermò per un solo giorno. Prima di partire, verso sera, dopo aver percorso tutto il pianeta senza trovare niente, urlò: “ma non c’è proprio nessuno qui?!?”. La luna voleva rispondere, chiamarlo, dirgli “Ehy, piccolo essere che dici di essere un principe, sono qua, sotto i tuoi piedi” ma non sapeva parlare, non aveva voce. Così la luna iniziò a piangere, ma a dirotto, perché non sapeva come fare, voleva parlare, rispondere, ma non sapeva come; e intanto piangeva e pianse così tanto che dal punto più alto della crosta lunare un piccolo rigagnolo d’acqua, sempre di più, sempre più forte iniziò a sgorgare; nel giro di qualche minuto si formò una cascata, maestosa, incantevole, magnetica.Il piccolo essere, che diceva di essere un principe, sbalordito, iniziò a gridare “Grazie! Grazie! È lo spettacolo più bello che io abbia mai assistito.” Poi si chinò a bere. “Ci dev’essere un mare sotterraneo. L’acqua è salata”. Poi il piccolo essere, che diceva di essere un principe, si chinò, baciò la terra ed estrasse dalla tasca un piccolo sacco. Andò sul punto più alto della luna, soffiò sul piccolo sacco e tanti piccoli sementi si sparsero nell’aria e cadderò per terra. La luna non era molto grande e in breve tempo tutta la superficie ne fu ricoperta. “Bene” disse il piccolo essere, che diceva di essere un principe. “Tu – e lo disse puntando gli occhi verso terra, rivolgendosi alla luna – mi hai regalato lo spettacolo più bello che io abbia mai assistito. Voglio contraccambiare. Questo sacco contiene la vita. Io te la regalo”

mercoledì, giugno 28, 2006

Il mio orologio da polso ha circa 10 anni e da bravo cronografo svizzero è sempre stato preciso e ligio nel suo dovere.

Ultimamente la lancetta dei secondi si è però stancata delle convenzioni: non li segna più uno alla volta ma a 4 a 4; non ne poteva più del rigido protocollo che la vorrebbe in perfetto orario.

Non solo: accelera e rallenta, a seconda dell’umore. Le altre due lancette, quella dei minuti e quella delle ore stanno impazzendo, nel tentativo di non perdere il solito, imperturbabile, ritmo.

È uno spasso da vedere: ammetto che più di una volta, fissando questa strana danza creativa che anima l’interno del quadrante ho perso, letteralmente, la cognizione del tempo.

martedì, giugno 27, 2006

…il potere della musica: camminavo per Venezia ascoltando One (Mary J. Blige & U2) e la città sembrava ancora più magica: le calli parevano pulite e l’acqua della laguna quasi limpida!

domenica, giugno 25, 2006


non mi trasformo per ogni persona che incontro, non riesco a fingere. cerco di venire incontro a chi ho di fronte, questo si, sicuramente, e di rispettare chi ho davanti: ma non cambio pelle solamente per farmi apprezzare...non so recitare, non sarei credibile!
fisiologicamente gli atteggiamenti non possono essere gli stessi con tutte le persone che si incontrano, ma sto parlando di sfumature dovute al fatto che non tutte le persone hanno lo stesso grado di "familiarità": con un amico ti poni in un modo, con un conoscente in un altro. tuttavia un conoscente che diventa mio amico son sicuro che non trova un'altra persona man mano che si entra in confidenza. a seconda dell'intimità i modi mutano, ed è normale, come d'altronde l'approccio con una persona che stimi è giocoforza diverso rispetto a quello con chi non riesci a sopportare.
ma non mi dicotomizzo solo per fare piacere a qualcuno: se a qualcuno non vado bene, pazienza. e lo so di non risultare particolarmente simpatico a molti.
puntualizzo un concetto: rimanere sè stessi non vuol dire cristalizzarsi su certe posizioni e non cambiarle mai; una persona dovrebbe sempre cercare di migliorare,di crescere, di evolversi assecondando la propria natura. è una mia idea, non chiedo a nessuno di condividerla.

venerdì, giugno 23, 2006

“Se dovessi girare un film, lo strutturerei su diverse tipologie di persone: l’alternativo per cui tutto è commerciale, tranne quello che fa lui, il vanitoso talmente futile da giudicare inadeguata una persona che esce per due weekend con la stessa camicia, il saccente che sa già come andrà a finire perché a lui “non-gliela-si-fa-mica”, il simpatico a ogni costo, che sforza la risata pur di risultare affabile con tutti…” gli faccio, guardandolo ogni tanto. “ sarebbe un film molto economico da produrre: mi basterebbe un solo attore per tutti i personaggi…” continuo diabolico, sorseggiando lo spritz. “e chi sarebbe…Verdone?!” mi chiede, sicuro di indovinare. “No, tu”. Stoccata finale.

mercoledì, giugno 21, 2006

Piacere a tutti è un'illusione utopistica. L'han detto stamattina per radio.
I piacioni urtano i nervi. Questo lo aggiungo io.


quei sorrisi falsi che spesso vedo attorno. tenete chiuse quelle bocche, vi esce il marcio e il dentrificio alla menta non riesce a coprirlo. l'atteggiamento di chi pensa essere più furbo, l'ignoranza di fondo come il raggio degli abbaglianti quando un'auto viene incontro, vi acceca ma non vi stordisce. ma diavolo! nemmeno il coraggio di dire, se avete qualcosa da dire. dannazione! quando abbassate lo sguardo avete voi qualcosa da nascondere.

lunedì, giugno 19, 2006

Ma si, non me ne frega, oggi c’è il sole e sono a casa. Mi basta.

domenica, giugno 18, 2006



ho scelto questo modo di comunicare, ho scelto di dar voce alle mie parole, di dar sfogo a quello che dentro voleva uscire. scrivo non tanto per trovare una dimensione, forse per destabilizzare l'equilibrio... mi piace lasciarmi andare, perchè dentro c'è un ingorgo e dentro non vuole rimanere, a volte mi chiama per nome perchè lo spazio è poco, quando le emozioni, le preoccupazioni o ciò che anima la vita si mette di traverso nella mente. anche nella pancia, dopo un pò, sento martellare.
... e anche se strozzo quelle parole, l'eco comunque rimane.

venerdì, giugno 16, 2006


E il vento ci porta via,

mentre attorno tutto cambia

in principio di metamorfosi

e leggero il respiro del cielo

quando segue il nostro umore.

E ti sento anche se non ti guardo,

perché spezzerebbe il labile filo dei miei discorsi

il tuo sorriso eventuale

a cadenzare le mie parole.

E rimarrei a fissarti,

a scrutare i tuoi occhi,

a regalarmi sfumature

perché i colori non li distinguo

quando nell’iride tuo si perdono.

E quando sento la tua voce

percepisco straniamento

e anche il vento si volta,

ti bacia

e l’aria viene a mancare.

Dura un secondo e tutto si ferma.

mercoledì, giugno 14, 2006

Ti penso anche adesso, lo so, non dovrei. Mi piace illudere i sensi che anche tu in questo istante stia facendo lo stesso. Forse, quest’idea, semplicemente mi fa sentire meno in colpa. Ti vedo un po’ persa a riflettere su di noi, sul fatto che no, non potrebbe succedere mai. Ti immagino immobile a fantasticare sul prima e sul poi, su quello che perderesti e quello che potresti avere e non hai. Quel groppo alla gola ce l’abbiamo entrambi adesso, quel sospiro pesante da mandar giù l’ho appena emesso. Mi piaci, mi piaci, mi piaci, se potessi te lo urlerei. Ma non aspettarti confessioni, non me lo potrei perdonare, e soprattutto, non me lo perdoneresti mai; facciamo così… ti aspetto stanotte nei sogni… ok, ho capito, vengo io da te, quell’espressione la conosco ormai…

martedì, giugno 13, 2006


Un arcobaleno

in bianco e nero

sciogliendosi in pieno cielo

bagna di grigio

il mio permeabile umore.

lunedì, giugno 12, 2006

“Ma tu credi veramente che Dio sia così distratto da lasciare che i suoi figli, o presunti tali, giochino al massacro tra loro? Sempre che non sia Lui a giocare a una versione realistica del Risiko… Credi veramente che possa permettere tutto questo: disuguaglianze, efferatezze, continue violenze?” me lo chiede, con un tono lievemente alterato, tanto che la luna si gira, ci guarda, lo ascolta.

“credo ci sia un senso, sì, non chiedermi quale, non l’ho ancora capito… il Male esiste, come esiste il Bene. Credo in questo Dio e credo che non sia distratto; credo che la vita non sia solo portare avanti una razza, con l’unico fine di perpetuarla nel tempo…penso ci sia un motivo…” non riesco a farmi capire, non riesco a trovare le parole per esprimermi. “dare la vita, così, solo per darla…solo a noi… è assurdo, no?”. Alza gli occhi verso la luna, che aspetta anche lei la risposta, o che ne so, forse è innamorata di lui, fatto sta che se lo guarda, e se ne esce alla grande: “quasi quasi mi metto in lista… Dio" e volge lo sguardo al cielo "appena hai un attimo, ti aspetto all’angolo per chiedertelo…” Improvvisamente una risata, sempre più forte, sempre più trascinante. Lo guardo stupito, non capisco, anche se ormai sono contagiato… con un filo di voce, e gli occhi arrossati dalle risa mi fa “..ma secondo te, dopo Ligabue… quanto ci sarà da aspettare?!?”

domenica, giugno 11, 2006

“ma sbaglio, o hai smesso di fumare?” lo guardo, con un sorriso a metà tra l’incuriosito e l’ironico. “eh sì..” mi fa lui “da tre mesi ormai…” contraccambia con uno di quei sorrisi sbilenchi, in parte accennati e in parte trattenuti. “da circa un anno non sopportavo più l’idea di dipendere da qualche centimetro di tabacco e che il mio equilibrio, oltre che l’umore, fosse in parte condizionato da una sostanza esterna. Ci pensavo alla sera prima di prendere sonno, mi dicevo: smetti, smetti, ma la mattina inevitabilmente quella vocina non l’ascoltavo. Pensa che ero arrivato a un punto tale che fumavo una sigaretta, ci stavo male per averla fumata, mi agitavo e mi veniva voglia di fumarne un’altra…” sembra quasi uno sfogo il suo. “È dura immagino…” e mi rendo conto che è una domanda retorica. “Dura…?! Semplicemente la prova più difficile che io abbia mai affrontato”.

Non riesco proprio a credere che ce l’abbia fatta, o almeno, che ci stia provando. Fumava già in prima superiore, e l’ho sempre visto con la sigaretta tra le dita.

“certo che se ce la fai te, può smettere chiunque!” e lo penso davvero “beh, in effetti… ma vedi, l’importante è che lo stimolo venga da te stesso, da dentro… è una sfida: devi trovare le giuste motivazioni, o meglio, te ne basta una, soltanto ci devi credere e ed essere tenace, specie nelle prime settimane.” Poi aggiunge: “ Vedi, se la prendi come sfida riesci ad ingannare la mente…il solo fatto che fumare faccia male, anche se è il vero motivo di fondo, non è un incentivo sufficientemente valido per smettere…”

Mi racconta di come il quarto, quinto giorno pensava di non farcela, di come il cervello gli chiedeva nicotina e lo stomaco si contraeva dalla voglia: “una sensazione di dipendenza… in quel momento ho realizzato che è una droga: legale o no, è una droga”.

venerdì, giugno 09, 2006

Ci spostiamo in terrazza, è sera ormai: il sole, velato in parte da una nuvola che sa tanto di lenzuola, bacia la luna: un tramonto splendido quello che si allunga in aria, in questo scorcio di fine primavera.

“Hai visto che spettacolo?” mi fa, indicando col capo il cielo. Annuisco senza dire niente. Estrae dalla custodia la chitarra e dopo averla accordata inizia delicatamente ad arpeggiare qualcosa dei Coldplay, Yellow, se non sbaglio, ma senza cantare. Spengo lo stereo, che salutava le ultime effusioni del sole con le fantastiche melodie dei Sigur Ròs, e vado a prendere alcune birre fresche e qualcosa di salato per accompagnarle. Ritorno in terrazza ed è intento a intonare “Wonderwall”. Gli occhi gli si annebbiano di malinconia: ogni volta che sente o suona questa canzone, mi disse ormai un anno fa, un pensiero va inevitabile alla sua ex, “era la canzone preferita di entrambi” mi confessò. Con grande abilità passa dagli Oasis ai Pink Floyd: l’arpeggio iniziale poi la strofa “So, so you think you can tell Heaven from Hell, blue skies from pain…” bella, bella, bella: nonostante l’abbia ascoltata milioni di volte non posso fare a meno di pensare a quanto sia splendida questa canzone. Mi siedo e me la godo, e mi godo questa impagabile sensazione di armonia e penso di sì, a volte mi basta poco per essere in comunione con la vita e con me stesso.

giovedì, giugno 08, 2006

Prende il mio cellulare, va nella rubrica, trova il suo numero e lo cancella. “che fai….?! Non vuoi che ti cerchi?” “no, anzi…” e intanto, sorridendo lieve, prende il suo di cellulare e fa la stessa cosa col mio numero… “Giochiamo un po’ col destino, e vediamo come il destino gioca con noi: per un mese niente più incontri programmati, sarà il caso a decidere…”

In un primo momento mi sembra un’idea sbilenca, oltremodo anacronistica, ma decido di darle corda. “Così tu verrai a cercarmi e ogni volta che ci incontreremo sarà un’emozione più intensa…oltre che una sorpresa…” È unica, lo so: per questo mi piace così tanto, perché mi sa stupire di volta in volta con trovate che non mi aspetto. “Non penserai mica che dieci numeretti siano così importanti nella nostra relazione…” mi fa, patinando le parole con un sottile strato di malizia. “No, ma visto che ci sono, e che sono così maledettamente comodi…non vedo perché privarcene…” obietto, tentando una timida resistenza, anche se so già come andrà a finire. Ammetto che l’idea in parte mi sollecita, nonostante sia completamente priva di logica. “e così vuoi che venga in cerca di te…eh eh… che non sia mai che si verifichi il contrario…” glielo dico in maniera smaccatamente provocatoria, ostentando sicurezza. Poi piegando il capo, accenno un sorriso che non riesco proprio a trattenere e la stringo a me. Lei replica con una buffa espressione, scioglie l’abbraccio e venendomi a cercare, si lascia andare.

martedì, giugno 06, 2006

Di fronte a una vetrina, in pieno centro la vedo, mi blocco. “Ma… sei proprio tu?”

Saranno passati tre anni, lei era la fidanzata di un mio amico: l’ultima volta – e come dimenticarselo! - era in estate, una sera al mare, quel suo miniabito azzurro una tentazione troppo forte: non si poteva proprio fare a meno di rubare con lo sguardo qualche centimetro di pelle, attenti a non farsi scorgere. Era la più bella, la più ammirata. Quella sera fu l’ultima volta che la vidi: tra lei e il mio amico c’erano chiari segnali di crisi e nel giro di qualche settimana la storia, non senza qualche scossone, terminò; poi lei cambiò compagnia e, salvo qualche messaggio iniziale, non la sentii nemmeno più.

Si volta, mi fissa, lo sguardo diventa dolce “da quanto tempo…” poi aggiunge “certo che sei cambiato, ti sei fatto molto più uomo…sul subito non ti avevo nemmeno riconosciuto…”.

Anche lei è cambiata, se possibile è ancora più bella, più donna. E che strano effetto, vederla così, dopo tutto questo tempo e soprattutto… “non dirmi che lui è…” e lascio sospeso il resto della frase.

“Eh sì!” annuisce e guardandomi assume un’espressione di felicità che, giustamente, non riesce proprio a dissimulare.

“Fai “ciao” allo zio…” e prende delicatamente la manina angelica dello splendido bambino che tiene in braccio, che con i suoi occhioni spalancati, in tutto e per tutto simili a quelli della madre, e la bocca socchiusa, nel frattempo mi scruta curioso, e gliela fa leggermente oscillare con un movimento assimilabile ad un saluto…

lunedì, giugno 05, 2006

Qual è il primo pensiero che si ha, volgendo lo sguardo al cielo, durante una notte limpida, mentre ci si perde nell’eterea bellezza di una stella?

È irraggiungibile.

La distanza che ci separa è in effetti improponibile alla limitata percezione della mente umana, ma non è abbastanza da ostacolo alla nostra vista, e di conseguenza ai nostri sensi per coglierne l’insita bellezza.

Una stella può essere solo osservata. E sembra una bellezza fine a se stessa.

Ma quella stella c’è ed è alla portata dello sguardo di chiunque alzi il capo tanto che ognuno può pensare che quella stella illumini i propri occhi.

“sono sicuro che molti ti vedano come una stella, bellissima ma irraggiungibile. Ed è per questo che non si fanno avanti” glielo dico, anche se mi costa fatica: le parole fanno attrito con la voce.

“Penso sia una logica tutto sommato abbastanza diffusa tra i ragazzi: quando incontrano una ragazza veramente bella, di norma, lasciano perdere, pensando che sia fuori dalla propria portata.” Aggiungo, quasi per discolparmi, per far capire che è un sentire comune. “Il più delle volte sbagliando.”

Bisognerebbe pensarla come il piccolo principe, “il quale sedette su una pietra e alzò gli occhi al cielo: “Mi domando –disse- se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua”.” (Antoine de Saint-Exupery – Il piccolo principe)

Di sicuro è molto più facile intercalare nella propria condizione le bellissime, seppur in un certo senso malinconiche, parole della magica Black, ed essere d’accordo con Eddy Vedder, quando canta..

lo so che un giorno avrai una vita bellissima, lo so che sarai una stella

Nel cielo di qualcun altro, ma perché...perchè...perchè non può essere il mio?”

(I know someday you’ll have a beautiful life.

I know you’ll be a star in somebody else’s sky

But why, why, why can’t it be, oh, can’t it be mine?)

domenica, giugno 04, 2006

“sai che potrei capirti..” se ne esce fuori così, dopo dieci minuti di imbarazzante silenzio, in cui entrambi eravamo abbastanza in difficoltà.

“ah, sì…e cosa te lo fa pensare?” scandisco le parole, rivolgendole uno sguardo denso: azzecco l’intonazione e il tempo, o almeno così mi sembra; appoggio il bicchiere al tavolo con un movimento lento per enfatizzare il tutto.

“…ho un debole per gli stupidi…e li riconosco a pelle”

...

Detonazioni in corsa,

mi fermo e implodo

nelle mie pause.

Battiti innescano

convulsioni che scuotono

micce inesplose,

riattivate dalle vibrazioni.

Chiudo gli occhi,

ma ormai sei dentro me,

colmi il vuoto

del mio labirinto mentale,

come una dolce melodia

ti insinui,

e ormai sono pervaso

di te.

No, non disturbi,

sei già qui,

mi rendi felice,

non mi tradire.

sabato, giugno 03, 2006



“Portami a casa!” mi fa lei, schiumando rabbia.

“Perché?” farfuglio senza convinzione, preso alla sprovvista.

“Come perché?! È da venti minuti che scrivi messaggi e continui a controllare lo schermo di quel maledetto cellulare.. e non mi degni di uno sguardo…”

Rifiata un attimo per poi riprendere: “…E quando alzi gli occhi cosa fai?! Ti perdi nella scollatura della camicetta della cameriera…”

Mi fissa con aria di sfida, io non so che dire, mentre con codardia faccio scivolare in tasca il cellulare. Nemmeno il tempo di pensare ad una risposta che riattacca: “Anzi… te la chiamo io la cameriera, così te la gusti da vicino.. vediamo se hai almeno il coraggio di chiederle il numero..”

“CAMERIERA! CAMERIERA SCUSI…” inizia a gridare, mentre le persone nel locale si voltano. Mi sento sprofondare. “Ma sei impazzita?” e cerco di abbassarle il braccio che agita in aria per richiamare l’attenzione, come se non le bastasse la voce…

“Ma con chi sono uscito stasera…con una pazza?!” penso e intanto rinuncio a placarla, mi metto le mani nei capelli, chiudo gli occhi, mi premo con i polpastrelli le palpebre…li riapro…5:35…tutto buio…silenzio…“…che sogno cretino!”

venerdì, giugno 02, 2006


Mentre la riaccompagnavo verso la sua auto, a fine serata, continuavo a chiedermi se dovessi baciarla o meno: la situazione era ideale, camminavamo abbracciati, parlando sottovoce intimamente. Dinnanzi all’auto, in quel momento sospeso, quando gli sguardi s’incontrano e si cercano, avvicinandomi con lentezza, per darle modo eventualmente di scansarsi, appoggiai le mie labbra sulle sue, poi mi ritrassi e la guardai ancora negli occhi… lei mi sorrise e avvicinandosi mi sussurrò: “Baciami ancora”

giovedì, giugno 01, 2006

echi di parole incomprensibili, sussurrate per non disturbare la cadenza lenta delle onde, che, esauste, dinnanzi a me emettono l’ultimo gemito. Respiro lento e non voglio fermare il tempo, mi lascio andare al sale che sale dentro, la pelle che chiede calore a un sole che sbadiglia gli ultimi raggi di luce, prima di andare a dormire.


tra 17 anni e 11 mesi esatti questo blog diventerà maggiorenne...
ma quanto a lungo può vivere un pesce?
... E un sogno?!?